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9 maggio 2010 7 09 /05 /maggio /2010 08:11

http://www.key4biz.it/files/000061/00006172.jpgSu Raitre al mattino non si prende più il caffè con Corradino Mineo. Dallo scorso 3 maggio al suo posto va in onda una rassegna stampa che tiene d'occhio le testate “minori”, quelle regionali, curata appunto dalle redazioni dei tg regionali. Non è un granché. “Il caffè” di Mineo, con le sue interviste che spesso dettavano l'agenda della giornata, era un piccolo “affaccio” sulle reti generaliste della rete all-news della Rai, Rainews 24, che altrimenti – per chi ce l'ha - si vede sul satellite o – per chi ce l'ha – sul digitale terrestre. Una sinergia, come si suol dire. Ma per tutti quelli che mentre guardano la tv non stanno tanto a cavillare su chi dirige cosa, era più semplicemente il primo appuntamento del mattino. La concorrenza al salotto politico di Omnibus (il fortunato “mattinale” di La7) o all'informazione popolare di “Uno mattina”. Diciamola tutta: il primo mattino è uno dei momenti più vivaci della giornata televisiva, buon giornalismo e ascolti di tutto rispetto...Ora, che è successo? Normale assestamento dei palinsesti tv? Ma che normalità c'è a cancellare una trasmissione di successo? Anzi, non a “cancellarla”, ma a riservarla ai fortunati telemaniaci che si costruiscono la giornata tv saltellando tra i canali specializzati del satellite e del digitale, e le vecchie reti generaliste. Ora su Facebook è spuntato un gruppo che si chiama “No alla cancellazione da Raitre della trasmissione di Corradino Mineo Il Caffè”: perché sono parecchi quelli a cui questa “novità” non convince. Questione delicata. Epurazione?Il fatto è che se si è costretti ad abusare di termini gravissimi come “epurazione” o “liste di proscrizione”, va a finire che si crea una nuova paradossale “normalità”, e che gli allontanamenti e gli oscuramenti non suscitino più emozione e reazione: ma come definire altrimenti il fatto che le interviste di Mineo ora non sono più su Raitre? Ormai l'elenco degli “assenti” e dei penalizzati si allunga. Dai conduttori del Tg1 (e, come era nelle cose, del “caso Ferrario & C.” non si parla più), alle trasmissioni per bambini di Raitre (il “Fantabosco & C.”), persino Neri Marcorè con “Un pugno di libri”. Non stiamo parlando di censure, stiamo raccontando una tv che si svuota. Miracoli del palinsesto. Miracoli di una programmazione che non si decide più anno su anno, ma spezzettata nelle stagioni, “cotta e mangiata”: il che non significa affatto maggiore dinamismo, significa semmai che non è garantita la prossima stagione di “Report”, che non si ha certezza del ritorno di programmi come quello di Riccardo Iacona.Banale ottimizzazione aziendale: non c'è forse il digitale terrestre, refugium peccatorum per tutti i “diversamente scomodi” nell'Italia che scivola sempre più giù nelle classifiche sulla libertà di stampa? (Secondo “Freedom house” siamo solo “parzialmente liberi”, come il Sudafrica e le Filippine, scivolati al 72esimo posto, dopo Suriname, Trinidad e Tobago)
(da www.globalist.it)

 

Fonte http://silviagarambois.blogspot.com/2010/05/cancellato-il-di-mineo-se-non-e-l.html

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9 maggio 2010 7 09 /05 /maggio /2010 08:04
 
 
 

E così il nostro ministro delle attività culturali non andrà a Cannes. Del resto che ci farebbe Bondi a Cannes? Non fa neppure caldo e poi non c'è niente da tagliare lì. Non c'è un pubblico ad ascoltare le sue atroci poesie d'amore per il premier (che probabilmente sono l'unico motivo per cui gli è stato affidato il ministero della cultura).Ma c'è un docu-film della Guzzanti, “ Draquila” che, poiché racconta la realtà, offende l'Italia.

Ma come, ieri il suo padrone sosteneva che in Italia c'è fin troppa libertà di stampa e oggi il ministro se la prende con un documentario?

E poi, per favore, finiamola con questa storiella che l' italiano è suscettibile e si offende ad ogni malefatta smascherata del premier. Molti italiani non si offendono per questo: si offendono per avere un personaggio come Bondi al ministero della cultura, con il solo mandato di tagliare i fondi a chi la cultura la fa e di elargire soldi pubblici con criteri a dir poco discutibili (siamo proprio sicuri che Natale a Berverly Hills sia un film di interesse culturale e come tale destinatario di finanziamenti?). Gli italiani si offendono ad assistere allo scempio che si sa facendo della scuola pubblica. Si offendono quando vedono i tentativi di asservire la giustizia alle voglie del capo. Si offendono a sentire un personaggio squallido banalizzare il significato dell'Unità del nostro Paese, lui che se ne va in giro con ridicole ampolle che dovrebbero rappresentare inesistenti popoli padani. Sarebbe lungo l'elenco delle ferite inferte da questa gente all'orgoglio ed alla onestà dei nostri concittadini. Ma l'offesa più grossa, quella che proprio non si sopporta più è quella si sentire simili personaggi, che non avrebbero la statura morale e culturale neppure per fare il parroco di campagna, accomunare tutti gli italiani in un afflato di rappresentatività che non gli appartiene. E non mi si dica che il Governo rappresenta tutti. E' il Parlamento che mi rappresenta, quello vituperato e privato delle sue competenze, ridotto com'è ad un votificio, è il Presidente della Repubblica che mi rappresenta, quello tirato per la giacchetta ogni volta che fa comodo ed offeso quando alza, anche timidamente, la voce, è la Costituzione che mi rappresenta, quella violentata ogni volta che si cerca di modificarla a proprio uso e consumo, è, retoricamente, la bandiera che mi rappresenta, quella con cui Bossi dichiara di “ pulirsi il culo”. Non questo governo, rappresentanza di una minoranza del paese, che non autorizzo a parlare in nome mio.

 

Fonte:http:/http://www.blog-news.it/go_ext.php?go=bondi-a-beverly-hillslink

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9 maggio 2010 7 09 /05 /maggio /2010 07:55

http://www.repubblica.it/2004/j/sezioni/spettacoli_e_cultura/raitre/raitre/agf_5405893_05490.jpg

 

 

Potremmo pensare che il capo del governo del nostro Paese si preoccupi, giustamente, della crisi economica che ha colpito la Grecia, tentando, in tutti i modi, che la stessa cosa non capiti anche a noi.

Potremmo sperare che il capo del governo del nostro Paese  cercasse gli strumenti necessari, per evitare un disastro economico.

Potremmo sperare  che il capo del governo del nostro Paese  tentasse di risolvere i problemi gravi di chi è senza lavoro, cominciando ad abbattere le spese eccessive del governo per la sola casta.

Potremmo pensare che il capo del governo del nostro Paese tentasse di affrontare, per risolverli, i problemi che attanagliano gli italiani poveri, quell’8 – 10% di cittadini che è povero dichiarato.

Potremmo immaginare che il capo del governo del nostro Paese, prendesse a cuore i suoi cittadini e li governasse con serietà, combattesse l’evasione fiscale, evitasse sprechi inutili.

Potremmo pensare che il capo del governo del nostro Paese si dotasse di persone capaci di sostenerlo nel lavoro di governo, invece di avere solo degli yesman, dei servitori, nonché degli emeriti ladri e profittatori.

Ma

Una sola cosa fissa gli prilla per la testa: il canale televisivo RAI3, quello un po’ meno servile e che ogni tanto parla anche di lui.

Si incazza, vuole chiudere tutto, vuole sbattere via tutti.

Ha una grande fame di dittatura.

Ecco l’ultima ossessione:

Crisi? Il premier “parla di lei”. “La Dandini ci aggredisce

Ridagli con i «pollai televisivi» ossessione del Cavaliere che se li fa raccontare quando non li vede. Stavolta l’ira di Berlusconi prende di mira la Dandini, che irrompe in Consiglio dei ministri oscurando gli aiuti alla Grecia. A mandare il premier su tutte le furie Parla con me di giovedì e il monologo finale di Ascanio Celestini.

Il resto dell’articolo (de l’Unità) lo trovate qui


Ascanio Celestini dalla Dandini il 6/5/2010



Fonte: http://speradisole.wordpress.com/2010/05/08/la-grecia-peggio-la-dandini/

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8 maggio 2010 6 08 /05 /maggio /2010 13:50

http://www.mymovies.it/filmclub/2010/04/034/locandina.jpg

 

La terra trema. Dopo il Grande Terremoto che la sorprese indifesa nel 1461 e poi nel 1703, l'Aquila è abbattuta nella primavera del 2009 e di nuovo “città rovinata”, come ebbe a scrivere tre secoli prima Marco Garofalo, Marchese Della Rocca, al Vicerè di Napoli. Questa volta a compiere il miracolo del terremoto non sarà però il martire cefaloforo Emidio, condannato alla pena capitale e poi canonizzato. Al culto emidiano si sostituisce quello berlusconiano, (auto)celebratosi a partire dal 7 aprile, il giorno successivo alla scossa fatale che ha colpito al cuore l'Abruzzo e piegato le sue anime “forti e gentili”.
Da qui si avvia il documentario di Sabina Guzzanti, cronaca delle ‘cose nostre' e della politica dei fattacci che hanno compromesso il futuro dell'Aquila e della sua gente. Persuasa che da quando i politici sono diventati barzellettieri, i comici hanno il dovere morale e l'autorevolezza per parlare di politica o addirittura di fare politica, la Guzzanti indossa letteralmente i panni del premier e parte alla volta dei campi di soccorso, promossi dal governo Berlusconi in attesa di edificare una New Town da inaugurare il giorno del suo compleanno. Magari confezionando una torta e mettendo in fresco una bottiglia di spumante rigorosamente italiano da stappare in suo onore. Parola del presidente. E già, perché il 6 aprile del 2009 il nostro premier pativa una crisi di popolarità che il terremoto aquilano avrebbe certamente risollevato. Venuto “di cielo in terra a miracol mostrare”, il consacrato dal popolo investe la Protezione Civile, nella persona di Guido Bertolaso, di ricostruire la città in barba alla sua storia, alla sua cultura e ai suoi cittadini. Favorito da normative straordinarie e da una sinistra desolante e desolata come la tenda abbandonata del Pd, il “braccio armato” del governo realizza altrove una città altra, che distrugge il valore degli incontri e costringe gli aquilani ‘più fortunati' in appartamenti asettici e davanti a televisori che predicano il berlusconismo.
Abbandonando la satira indigesta per il giornalismo d'inchiesta, Sabina Guzzanti intervista una messe di persone e personalità, provando a ragionare sui fatti (in)evitabili, sulla prevenzione mancata, sulle vite condannate, sulle speculazioni, sui finanziamenti illeciti, sulla sistematica messa in discussione dei principi di trasparenza e legalità che fondano l'idea di una socialità democratica. Contro l'orrore e l'indignazione di intercettazioni telefoniche inconcepibili e mostruose, contro l'incredibile capacità di pervertire l'idea di giustizia, contro l'uso disinvolto dell'ironia, della decenza, della memoria storica e della correttezza istituzionale si alza la voce degli abruzzesi, uno su tutti, il lucidissimo professore Colapietro, che ha deciso di abitare “nonostante” il centro storico dell'Aquila, rinnovando, con una manciata di operai e di euro, la sua casa e la sua vita. Centro storico e culturale a cui l'imprenditore, il politico, l'uomo medio dei media ha negato l'accesso e prorogato restauri e ristrutturazioni, disperdendo lungo la costa una popolazione cittadina imprescindibilmente legata al tessuto artistico e architettonico della propria città.
Soprassedendo sulle immagini sgranate, sulle inquadrature di stampo televisivo e l'approssimazione estetica, Draquila rivela la maschera tragica del nostro Paese e solleva la voce che non ha timore di raccontarci una volta di più cos'è (stata) l'Italia berlusconiana. Davvero non c'è niente da ridere e Sant'Emidio fulmini una volta per sempre chi la notte del 6 aprile ha irriso ai vivi e ai morti dell'Aquila. E adesso (ri)"facciamo bella, che nulla nello regame possa confrontarsi ad essa".

 

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8 maggio 2010 6 08 /05 /maggio /2010 09:37

 

Celestini: "Pensasse al suo lavoro"

di Roberto Brunelli 

È stato il Minzolini in reggicalze? Oppure il mite Gustavo Zagrebeksly, presidente emerito della Corte costituzionale, reo di aver ricordato sul mitico divanetto rosso i principi dello stato di diritto? Certo, l’Ascanio Celestini di «Toni Mafioso e Toni Corrotto» che s’inventano un partito solo ma sono in due a comandare è stata la goccia che fatto venire il travaso di bile a Re Silvio. E lui, l’affabulator cortese, è rimasto di sasso per l’attacco del premier. «Veramente non so che dire. Io nei miei pezzi non ho mai parlato di Berlusconi piuttosto che di Fini, o di Bersani e di Vendola. Io parlo del potere nel senso assoluto e generale. Non trovo eccessiva distinzione tra uno e l’altro. È questo sistema che non mi piace, questa idea di rappresentanza, che è ottocentesca. E poi, qual è il problema? Perché Berlusconi non si occupa del suo lavoro invece che del mio? Io non impedisco a lui di lavorare». Una distanza siderale, questo è il problema. Lo spiega bene, Ascanio: «Come a me disturba il potere, a loro disturba la letteratura e la satira in senso assoluto».

E il potere, si sa, ha i suoi ritmi e le sue logiche. La sfuriata di Silvio al consiglio dei ministri non è stata un’uscita «a caldo» delle sue. Negli ultimi giorni Antonio Di Bella, direttore di Rai3, pare ne abbia ricevute diverse di telefonate scottanti. E pure è squillato il cellulare degli autori del programma: «State attenti, che ora si arrabbiano davvero...».

Quelli di Parla con me per ora la stanno prendendo con filosofia. «Che a Berlusconi non piacesse la trasmissione lo sapevamo già, se non altro dalle intercettazioni di Trani. Ce ne faremo una ragione»: lo dice Andrea Salerno, fido autore nonché produttore del programma per conto di Fandango. Lei, Serena Dandini, affida invece il suo pensiero ad un’agenzia di stampa: «Sembra che scontentando tutti Parla con me abbia trovato un suo equilibrio. Il problema è che la satira per sua natura tende a prendersela con il potere, che in Italia oggi si identifica con Berlusconi: quindi siamo costretti ad occuparci di lui con una certa continuità». E poi l’opposizione è certo immune dalle battute di Dandini & co: rivela Serena che sono molte mail di protesta da parte di elettori di centrosinistra quando nel mirino ci finiscono i dirigenti del Pd.

Fatto sta che quando il presidente del consiglio lancia uno dei suoi «editti bulgari» - vieppiù in consiglio dei ministri - è opportuno preoccuparsi. A parte l’approccio coreano al concetto di servizio pubblico (vanno bene tromba e tromboni, ma è improprio che qualcuno lo usi per criticare il governo), ce n’è più d’uno in Rai che teme che Parla con me possa essere silenziato. Il fatto è la maggior parte dei contratti degli autori fra un mese è a scadenza, e può anche darsi che non vengano rinnovati. Così successe con Luttazzi, così hanno più recentemente tentato di fare con Travaglio. Dice Salerno: «Mi aspetterei dei segnali di difesa da parte del presidente della Rai, anche in considerazione del fatto che Parla con me è ormai uno dei marchi forti della tv di Stato. Oggi è Berlusconi, domani sarà un altro: la politica può scegliersi gli amministratori, ma non può essere la politica a scegliere i programmi».

OSSESSIONI & FANGO
Sacrosanto. Ma mentre si aspetta un cenno da Paolo Garimberti, si fanno sentire i membri del cda. Per il consigliere di centrosinistra Nino Rizzo Nervo quella di Berlusconi nei confronti di Rai3 «è un’ossessione», per Giorgio Van Straten «il premier deve rispettare la Rai e tutelarne l’autonomia dato gli evidenti conflitti d’interesse», ma il consigliere di maggioranza Antonio Verro dà la versione di governo: quella di ieri l’altro sera «non è satira, ma insulto: e questo non deve accadere mai, soprattutto quando oggetto di denigrazione sono i vertici delle istituzioni democratiche». Conclusione: fatta così la satira equivale solo «a gettare fango sul paese». Et voilà.

È sconsolato, Ascanio. «Come diceva De André, non esistono poteri buoni. La situazione politica oggi è esemplare. Nel mio testo, racconto anche dell’opposizione che si limita a giocare a bridge». Pessimista? «Non credo che la politica si faccia nei partiti. Chi fa politica sta nell’associazionismo, se ne va in Africa piuttosto che nelle borgate, pratica la raccolta differenziata e il consumo consapevole». Ma Berlusconi non è che ci renda la vita facile. «Guardi, io voglio che cambi il paese. L’Italia è peggiorata da noi italiani. Non mi preoccupa Berlusconi. Mi preoccupa il mio vicino di casa. Mi preoccupa il Berlusconi che è in me». Una cosa che Silvio, probabilmente, non capirà mai.

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7 maggio 2010 5 07 /05 /maggio /2010 11:08
DRAQUILA: IL FILM DOCUMENTARIO

di Sabina Guzzanti

Visto da “Il Giornale”
Da venerdì 7 maggio è in programmazione, nelle sale cinematografiche il film di Sabina Guzzanti: DRAQUILA.

 Il Giornale, quotidiano della famiglia Berlusconi, ne fa una stroncatura mediatica, già dal titolo: “L’ultimo delirio della Guzzanti: terremoto è colpa di Berlusconi”.

Nel film, si sostiene che il terremoto si poteva prevedere.

 Ed è vero, non una balla come dice il Giornale. Tanti segnali c’erano stati prima, la gente era già uscita dalle case diverse volte. Già da mesi la terra tremava. Ma il serafico e beato uomo della protezione civile, nonostante gli allarmi, dormiva sonni tranquilli. Anzi si è sgolato a chiamare imbecilli e allarmisti coloro che tentavano di svegliare il ”bell’addormentato”.

Nel film si sostiene che  “il terremoto per Berlusconi è come se Dio gli avesse teso la mano, perché era in calo di consensi fra la  persecuzione dei magistrati e le foto delle feste a Villa Certosa“.  

Non è una balla, come vorrebbe sostenere il Giornale di famiglia, è vero. Su quel terremoto Berlusconi ha sfacciatamente ricostruito un’immagine mediatica, con 35 inutili comparsate e con lo spostamento del G8 dalla Maddalena all’Aquila. Ha speso un sacco di soldi nostri per la sua immagine. Il libro di marmo da regalare agli ospiti,  gli amenicoli di contorno costosi come gioielli, l’utilizzo del palcoscenico cittadino come set personale, quindi cameraman e cineprese a bizzeffe.

Nel film si dice apertamente che la ricostruzione della città  “è stata sacrificata per tenere alti i consensi di un uomo che deve garantire guadagni illeciti a chi lo sostiene”.

 Il tutto è verissimo, non è un’invenzione della Guzzanti. Tutto il paese lo sa, ha visto ed ha sentito gli imprenditori che ridevano nel letto e si fregavano le mani per l’occasione che avrebbero avuta di arricchirsi “tanto non è che si verifichi un terremoto al giorno”.

Nel film si sostiene che la gente dell’Aquila non è stata soccorsa, ma deportata. Negli alberghi sulla costa, dove si vive «sfiancati dalla noia e dalla solitudine».

Ed è così. Ha un bel da ironizzare il Giornale di famiglia, ma la realtà e questa, come la racconta Sabina Guzzanti.

Nel film viene detto che c’era il  campo della tendopoli con un «capocampo», chiaro termine fascista, e c’era pure una circolare che vietava la distribuzione di caffè e Coca cola per non eccitare le persone.

E’ tutto vero. La gente non poteva uscire liberamente ed i giornalisti non potevano entrare per incontrare la gente.

Nel film viene fatto vedere che coloro che protestavano e volevano parlare  venivano selezionati, all’ennesimo arrivo di Berlusconi, potevano stare, «dentro chi applaude, fuori chi fischia» scrive il Giornale pensando di sottolineare una cazzata.

Ma è vero, gli aquilani che disturbavano venivano violentemente allontanati, venivano loro tolti gli striscioni di protesta, in sostanza venivano zittiti, per buona pace degli italiani che, così, potevano credere alle panzane del Minzolini targato tiggi1 ed ai falsi sorrisi di Berlusconi, ospite fisso del vespone.

Nel film viene giustamente evidenziata la furbesca pensata di trasformare la protezione civile in una privata società per azioni. Il giornale la mette in burla, ci ironizza sopra con queste parole:  “E infatti ecco «il tentativo di trasformare la Protezione civile in società per azioni», ecco la «gigantesca operazione di propaganda» sui rifiuti a Napoli, ecco i mille esempi di come il governo con la scusa della gestione delle emergenze stia scavalcando le leggi sulla qualunque in Italia, dai mondiali di nuoto alle visite pastorali del Papa. Tutto in Italia viene gestito per garantire consensi a Berlusconi, dice Sabina, che avverte: «Al prossimo calo di consensi, chissà a quale prezzo cercherà di farli risalire».

L’ironica frase del Giornale di famiglia, credendo di esagerare, dice il vero. Tutto in Italia viene gestito per garantire consensi a Berlusconi. Ed è così.


FONTE: Speradisole's blog   

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7 maggio 2010 5 07 /05 /maggio /2010 10:20

 

 

http://claudiocaprara.ilcannocchiale.it/mediamanager/sys.user/38949/Paolo%20e%20Silvio%20Berlusconi.jpg


 Alla vigilia di Natale 2005, Roberto Raffaelli (amministratore di Rcs-Research control system, società che faceva intercettazioni per conto dei pm) e l'intermediario Fabrizio Favata suonano alla porta della villa di Arcore. Secondo la Procura di Milano, portano con sé un regalo di Natale per Silvio Berlusconi: le intercettazioni allora segrete Bnl-Unipol tra il presidente Unipol Giovanni Consorte e il segretario dei Ds Piero Fassino. Le conversazioni non erano ancora depositate agli atti e addirittura non erano neppure state sbobinate dalla Guardia di Finanza. Eppure, una settimana dopo finiscono su Il Giornale del fratello di Berlusconi, Paolo.

Quanto meno singolare che oggi Berlusconi sbraiti contro le fughe di notizie, quando la struttura delta alle sue dipendenze gli procura tutti gli atti, secretati o meno, che possono giovare alla sua causa - ricordate il caso Marrazzo, con il video hard del governatore del Lazio finito direttamente nelle mani del Presidente del Consiglio per mano della figlia Marina, presidente della Mondadori? Neppure mi risulta che dopo quel 24 dicembre ad Arcore fossero stati scomodati gli ispettori del Ministero della Giustizia, quelli che oggi si precipitano a Trani, sguinzagliati dal cane mastino Alfano, per intimidire un pool di magistrati che, come al solito, non fa altro che portare avanti l’obbligatorietà dell’azione penale.

 Altrettanto curioso che la stessa famiglia Berlusconi, acerrima nemica dell’industria delle intercettazioni, sia coinvolta nella spartizione della torta delle intercettazioni stessa. Sarebbe l’editore stesso de Il Giornale – quello che oggi titola “E SE INTERCETTASSIMO I MAGISTRATI?” –, nonché il fratello del Presidente del Consiglio, ad avere intascato oltre mezzo milione di euro da Roberto Raffaelli, consegnati tra il 2005 e il 2006 in comode buste da 40-50mila euro in contanti, una volta al mese, alla redazione dell’House Organ del PdL.

 Cosa avrebbe dovuto fare, Paolo Berlusconi, in cambio di queste mazzette? Secondo la Procura di Milano avrebbe promesso a Raffaelli di aiutarlo ad espandersi nel mercato delle intercettazioni.
 Pensate a cosa succederebbe se gli intercettati avessero il controllo sugli intercettatori, cioè quelli che i giudici assumono per sapere cosa si dicono gli indagati. Facciamo due o tre esempi.


CASO A
 

Il magistrato Pinco Pallo assume la Rcs-Research control system per indagare su Silvio Berlusconi. La Rcs-Research intercetta Berlusconi che fa pressione su Innocenzi per chiudere Annozero. Raffaelli telefona a Paolo Berlusconi. A stretto giro di posta, le intercettazioni di Berlusconi si trasformano in innocue conversazioni sul tempo, tutt’al più condite da qualche barzelletta sconcia, prima di giungere sulla scrivania del magistrato.


CASO B
 

Il magistrato Pinco Pallo assume la Rcs-Research control system per indagare su Di Pietro. La Rcs-Research intercetta Di Pietro che discute con Bersani sulle strategie per far fuori politicamente Berlusconi alle prossime elezioni. Raffaelli telefona a Paolo Berlusconi. Dopo un’ora Berlusconi ha tutte le informazioni che gli servono sulle mosse degli avversari.



CASO C
 

Il magistrato Pinco Pallo assume la Rcs-Research control system per indagare su Di Pietro. La Rcs-Research intercetta Di Pietro che, alla moglie, dice che si è dovuto fermare a urinare sulla corsia di emergenza dell’autostrada, perché la vescica scoppiava. Raffaelli telefona a Paolo Berlusconi. Il giorno dopo, Il Giornale titola: “Il Ministro dei Trasporti piscia sul Guard Rail”.



Non c’è che dire, un bel vantaggio. Forse per questo Paolo Berlusconi avrebbe promesso a Roberto Raffaelli di far intercedere l’onorevole Valentino Valentini, assistente personale di Berlusconi e capo dell’Ufficio del Presidente del Consiglio.

 Parrebbe insomma un’abile operazione di infiltrazione nei sistemi di intercettazione dei magistrati, per la serie: se non posso evitare di farmi intercettare, almeno mi intercetto da solo.

 Per adesso, Paolo Berlusconi è indagato per millantato credito.

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6 maggio 2010 4 06 /05 /maggio /2010 10:23

http://farm4.static.flickr.com/3453/4565456698_c60822c41d.jpg

 

E con la macelleria di Genova: “Scajola dimettiti!”
E con Biagi: “Scajola dimettiti!”
E con 900.000 euri di mazzette, Scajola dimettiti!
“Belin, ma allora ditelo che ce l’avete con me!”

Viviana

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6 maggio 2010 4 06 /05 /maggio /2010 10:03

figlio di un sindaco corrotto di Imperiahttp://4.bp.blogspot.com/_1zp55xOa1ZE/S9xUDyNWgSI/AAAAAAAAACQ/l0zooAVsMKg/s320/scajola.jpg
e fratello di un sindaco corrotto di Imperia
diventa ovviamente sindaco corrotto di Imperia
Il padre dovette dimettersi per favoritismo
Lui stesso si deve dimettere per tangenti
connessi a un casinò
(c’è chi fa i casinò e chi i casini)
Ciò naturalmente basta per farne un favorito di B
Che gli affida l’organizzazione di Forza Italia
Coinvolto pesantemente nella macelleria di Genova
Negò la scorta a Biagi e insultò la sua memoria
Costretto perciò alle dimissioni
Chiese poi e ottenne un volo personale Roma- Albenga prima Alitalia poi Air.One usufruendo di un milione di euro dello Stato per chi si collega da zone disastrate
Compare oggi nella cricca di mazzette che ruotano attorno alla Protezione Civile
E’ il più candidato per gestire l’affare delle Centrali Nucleari

Nel 2010 i PM indagano sul Gruppo Anemone coinvolto in un’inchiesta sulla corruzione della Protezione Civile, il gruppo ha ricevuto appalti pubblici senza regolare gara di appalto, la Guardia di Finanza trova assegni circolari per circa 900.000 euro per pagare la parte in nero di una casa con vista sul Colosseo intestata alla figlia di Scajola.
Scajola dice: “Non lascerò il governo, non farò come nel caso Biagi altrimenti sembrerà che mi hanno beccato con il sorcio in bocca. Non ho colpe». E ancora: «Non scappo, non sono indagato. Il pm ha chiesto di sentirmi come persona informata dei fatti, e ho proposto al giudice un incontro a breve compatibilmente con i miei impegni di governo. Sono pronto a un faccia a faccia con chiunque».

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5 maggio 2010 3 05 /05 /maggio /2010 18:37

Weil Tonbandmitschnitte Berlusconis Affäre mit einem Callgirl bezeugen konnten, schränkt der italienische Präsident nun die Abhörrechte ein. Journalisten drohen damit bei Veröffentlichung solcher Dokumente bald Freiheitsstrafen.

 

Italiens Journalistenverband ruft für den 28. April zu einer Demonstration gegen Silvio Berlusconis neuestes Zensurvorhaben auf: gegen ein Gesetz, das die Veröffentlichung von Abhörprotokollen drastisch einschränken soll. Und am liebsten würden wohl auch die Staatsanwälte auf die Straße gehen, denn ihnen sollen zugleich bei der Anordnung von Abhörmaßnahmen weitgehend die Hände gebunden werden. Bisher galt in Italien: Bei Vorliegen des Verdachts einer Straftat konnten die Staatsanwälte Telefone abhören lassen oder auch Lauschangriffe auf Wohnungen, Büros, Fahrzeuge starten.

 

Und weiter galt: Die Abhörprotokolle wurden zu den Ermittlungsakten genommen und waren bei Anklageerhebung in den Kanzleien der Gerichte für die Prozessparteien einsehbar. Schnell fanden so pikante Details auch ihren Weg in die Presse. Kaum ein Skandal der letzten Jahre hätte das Land erschüttert, wenn nicht die Mitschriften den Bürgern erlaubt hätten, sich ein Bild von den Vorgängen zu machen, egal ob es um die systematische Verschiebung von Spielen in der Ersten Fußball-Liga zugunsten von Juventus Turin ging, um den Versuch illegaler Bankenübernahmen, um Korruptionsgeschichten wie erst vor wenigen Wochen den Skandal bei Italiens Zivilschutz: Da konnten die Bürger zum Beispiel in den Zeitungen lesen, wie einer der verhafteten Bau-Unternehmer eine Massage-Session für den Zivilschutz-Chef Guido Bertolaso organisierte und sich anschließend darum sorgte, ob auch die Präservative ordentlich entsorgt worden seien.

 

Traduzione:

Censura in Italia

Visto che alcune registrazioni telefoniche provano la sua relazione con una squillo, il presidente del Consiglio italiano limita il diritto di intercettare. E i giornalisti, per la pubblicazione di questo tipo di documentazione, rischieranno presto il carcere.

La Fnsi, Federazione Nazionale Stampa Italiana, ha indetto per il 28 aprile una manifestazione contro il nuovo piano di censura di Silvio Berlusconi, contro una legge che limiterà drasticamente la pubblicazione delle intercettazioni. E se potessero andrebbero in piazza anche i magistrati, visto che a loro contemporaneamente verranno legate ulteriormente le mani in materia di intercettazioni. Sinora in Italia vigeva il principio che in caso di sospetto di reato i magistrati potevano mettere sotto intercettazione un telefono o avviare sistemi di sorveglianza in appartamenti, uffici, ascensori e veicoli.

Inoltre per legge le trascrizioni delle intercettazioni venivano messe agli atti dell’indagine e in caso di incriminazione erano accessibili alle parti processuali nelle cancellerie dei tribunali. In questo modo anche i dettagli piccanti finivano velocemente in pasto ai giornali.

Nessun scandalo degli ultimi tempi avrebbe scosso il paese se non fossero state tali trascrizioni a permettere ai cittadini di farsi un’idea degli avvenimenti. Che si trattasse della proroga sistematica di partite in Serie A a favore della Juventus, del tentativo di scalata di banche, di storie di corruzione come qualche settimana fa lo scandalo nella Protezione Civile. In quel caso, ad esempio, i cittadini hanno potuto leggere sui giornali che uno degli imprenditori edili arrestati organizzava una seduta di massaggi per il capo della Protezione Civile Guido Bertolaso, preoccupandosi alla fine che anche i preservativi venissero accuratamente smaltiti.

E in un altro procedimento – questa volta contro Berlusconi – l’opinione pubblica veniva informata alla fine di marzo di come il capo del governo redarguiva pesantemente al telefono il direttore generale della Rai Mauro Masi, così come un membro dell’organo di sorveglianza dei media (l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, ndt), perché ancora non erano riusciti a buttare fuori dalla rete il programma – critico nei confronti di Berlusconi – del giornalista Rai Michele Santoro. “Nemmeno nello Zimbabwe” sarebbero pensabili certi attacchi di censura del presidente del Consiglio, aveva sbottato allora il direttore generale della Rai nella cornetta telefonica. E così alla fine tutta l’Italia ha potuto sapere del lamento rivelatore.

Ma la storia adesso deve finire una volta per tutte, e si vorrebbe che fosse in nome dei diritti civili. “Alzi la mano, chi è sicuro di non essere mai stato intercettato sinora” ha tuonato Berlusconi il fine settimana scorso durante il discorso per l’inaugurazione della Fiera del Mobile a Milano. Solo una mano si è alzata. “Lei non conta, vive in America”, la risposta ricevuta dall’uomo da parte di Berlusconi.
Ma prossimamente i cittadini saranno al riparo dai magistrati come dalla stampa. Le intercettazioni gli inquirenti potranno farle solo per la durata di 60 giorni. Se i criminali dovessero pianificare proprio dopo un omicidio, peggio per i loro inseguitori che dovranno spegnere le apparecchiature. E le intercettazioni potranno essere utilizzate solo per i reati nominati nel decreto d’intercettazione. Se uno spacciatore invece di parlare di sostanze stupefacenti parla della “liquidazione di un conto” (in senso figurato anche trasformare in denaro liquido, ndt) questo non può essere utilizzato contro di lui. Ma il beneficio maggiore per i criminali deriva dalla telefonata al politico (al parlamentare, ndt), visto che quel tipo di conversazioni sono utilizzabili dal magistrato solo quando è il parlamento ad autorizzarle.

Ad essere vietate del tutto saranno le intercettazioni private. La vittima di un ricatto che vuole inchiodare il criminale con una registrazione rischia egli stesso una denuncia, a meno che il ricattatore non si tradisca durante la conversazione, visto che quando la registrazione non fornisce la prova del reato diventa automaticamente il reato. Tutta l’Italia anche nel caso di questa norma non ha potuto fare a meno di pensare a Berlusconi. L’estate scorsa aveva prima negato ostinatamente di conoscere la escort Patrizia D’Addario, ma poi ha dovuto fare marcia indietro. La D’Addario aveva lasciato acceso il registratore mentre si trovava a letto con Silvio. Con la legge attualmente in Senato per questo lei andrebbe in prigione.

E tra poco rischieranno la prigione anche i giornalisti che pubblicano questo tipo di cose. Chiunque citi dalle trascrizioni delle intercettazioni prima dell’inizio del processo penale, chiunque riporti anche solo il senso di ciò che viene detto, o pubblichi registrazioni private, verrà punito con due mesi di prigione, con pene pecuniarie e ulteriormente con un divieto ad esercitare la professione. L’editore del giornale, invece, rischia per ogni articolo che contiene certe indiscrezioni sanzioni fino a 500mila euro. Per molti giornali il coraggio giornalistico si trasformerà presto in una questione di sopravvivenza economica.

[Articolo originale "Berlusconis Bürgerrecht"]

 

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