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26 giugno 2009 5 26 /06 /giugno /2009 08:32
RIASSUNTO DELLE ULTIME VICENDE DI UN UOMO CHE OCCUPA ABUSIVAMENTE UN RUOLO ISTITUZIONALE.

E'giunto il tempo, due mesi dopo, di tirare le somme. Bisogna annotare con cura le bugie ascoltate; interrogarsi sulle ragioni dei troppo silenzi; afferrare il filo rosso che da una storia (le "veline") ci ha condotto in un'altra (Noemi) e in un'altra ancora (le prostitute a Palazzo Grazioli) fino alla soglia di una quarta (le feste del presidente). Giorno dopo giorno, si è definita sempre meglio la "licenziosità" del capo del governo, "la scelta sciagurata degli amici di bisboccia, la sciatteria in certe relazioni e soprattutto la caratterizzazione ostentatoria di tutti i suoi comportamenti privati" (Giuliano Ferrara, Panorama, 26 giugno). Quel filo si riannoda intorno a un "grandioso sé", lascia nudo un potere e un abuso di potere che si immagina senza contrappesi e irresponsabile.

Da due mesi, Berlusconi parla senza dire. Ci scherza su alquanto imbarazzato e come ossessivo, ma tace l'essenziale. Il tempo non è passato invano, però. Le dieci domande che Repubblica ha ritenuto di rivolgergli il 14 maggio hanno trovato più di una risposta, nonostante il loquace mutismo del presidente del consiglio. A volte, anche i silenzi sanno parlare. C'è oggi materia viva per eliminare qualche interrogativo e proporne altri, nuovi e dunque necessari e urgenti.

"Chi è incaricato di una funzione pubblica deve chiarire", dice Silvio Berlusconi (Porta a Porta, 5 maggio). All'alba di questa storia, il premier sembra sapere che il significato etico e politico di accountability presuppone trasparenza; impegno a dichiararsi; rendiconto di quel che si è fatto e si fa; assunzione di responsabilità; censurabilità delle condotte riprovevoli - anche private - perché è chiaro a tutti che non ci può essere una radicale contrapposizione "tra il modo in cui un uomo di potere tratta coloro che gli sono vicini (la sua morale) e il modo in cui governa i cittadini e risponde a loro (la sua politica)" (Carlo Galli, Repubblica, 22 giugno).

Berlusconi, in apparenza, è animato da buone intenzioni, dunque. Deve, presto e in fretta, liberarsi di tre grattacapi che gli vengono dalla famiglia (con le accuse di Veronica Lario), dalla sua area politica (con i rilievi critici di farefuturo). Gli rimproverano di voler candidare alle elezioni per il parlamento di Strasburgo "veline", giovani o giovanissime donne che egli ha già promosso nello spettacolo e gli tengono compagnia con assiduità nel tempo libero, a Villa Certosa, a Palazzo Grazioli. Gli si contesta la frequentazione di minorenni e un'ossessione per il sesso che pregiudica il suo equilibrio (Veronica Lario, Repubblica, 3 maggio). Gli si chiede dei rapporti con la minorenne di Napoli di cui ha voluto festeggiare il 18° anno (Repubblica, 28 aprile).

Berlusconi è tentato dal rovesciare il tavolo, come gli è abituale. Parla di "complotto". Di fronte all'evidenza che il fuoco è "amico", lascia perdere e appronta una difesa che vuole essere conclusiva. Concede due interviste ufficiali (Corriere, Stampa, 4 maggio). Chiacchiera ufficiosamente e in libertà (ancora Corriere e Stampa, nei giorni successivi al 4 maggio). Si confessa alla tv pubblica francese durante il tg delle 20 (France 2, 6 maggio). Rifiuta - è vero - un'intervista a Repubblica (13 maggio), ma promette di "spiegare tutto" (Cnn International, 25 maggio).
<b>Le dieci nuove domande<br/>che rivolgiamo a Berlusconi</b>

Patrizia D'Addario e Barbara Montereale,
entrambe candidate in una lista collegata al Pdl


Berlusconi è categorico, quasi minuzioso nella ricostruzione delle sue mosse. "Non avevamo messo in lista nessuna velina" (Corriere, 4 maggio). "Io frequenterei delle diciassettenni? E' una cosa che non posso sopportare. Io sono amico del padre [di Noemi], punto e basta. Lo giuro!" (Stampa, 4 maggio). "Sono andato a Napoli per discutere di candidature con il padre di Noemi" (Porta a porta, 5 maggio), con cui "ho un'antica amicizia di natura politica", peraltro "Noemi, la figlia dei miei amici, l'ho vista tre, quattro volte, sempre accompagnata dai genitori" (France 2, 6 maggio).

Le affermazioni del capo del governo non reggono alla verifica dei fatti.

Repubblica scopre (21 maggio) che il 19 novembre 2008, a Villa Madama, la minorenne Noemi siede al tavolo presidenziale, in occasione della cena offerta dal governo alle griffe del made in Italy, raccolte nella Fondazione Altagamma. La ragazza è sola, non accompagnata da alcun familiare, accanto al presidente del consiglio e a Leonardo Ferragamo, Santo Versace, Paolo Zegna, Laudomia Pucci. Sola e minorenne - e non accompagnata dai suoi genitori ma da un'amica minorenne (Roberta O.) - Noemi è anche a Villa Certosa, a ridosso del Capodanno, tra il 26/27 dicembre 2008 e il 4/5 gennaio 2009. Lo rivela a Repubblica (24 maggio) Gino Flaminio, un operaio di 22 anni legato sentimentalmente a Noemi dal 28 agosto 2007 al 10 gennaio 2009.
<b>Le dieci nuove domande<br/>che rivolgiamo a Berlusconi</b>

Alcune amiche del premier
sul motoscafo, davanti a Villa Certosa


Gino, in contrasto con le dichiarazioni del Cavaliere, svela anche quando Berlusconi si mette in contatto con la minorenne Noemi. Che sia la prima volta, glielo racconta lei stessa. Accade nell'autunno del 2008 (ultimi giorni di ottobre, primi di novembre). Soltanto otto mesi fa. Berlusconi telefona direttamente alla ragazza alle prese con i compiti di scuola. Nessuna segreteria. Nessun centralino. Nessun legame con la famiglia della ragazza. Berlusconi (che ha davanti una collezione di foto di Noemi) le dice parole di ammirazione per la sua "purezza", per il suo "volto angelico". Dopo quel primo contatto, ne seguono altri (Gino ascolta la voce del premier in tre o quattro telefonate) fino all'invito a trascorrere dieci giorni - senza i genitori - a Punta Lada.

Le rivelazioni raccolte da Repubblica costringono il premier a correggere precipitosamente il tiro. Non puo' negare la presenza di Noemi a Villa Madama. Ammette che la minorenne, anzi le due minorenni hanno festeggiato il Capodanno con lui, non accompagnate dai familiari. Non può confessare però che - uomo di 73 anni, con impegnative responsabilità pubbliche - trascorre il pomeriggio a telefonare a minorenni che conosce soltanto attraverso book fotografici fornitigli dagli uomini di Mediaset (nel caso di Noemi è Emilio Fede, dice Flaminio). Appresta allora una nuova favoletta per spiegare come, quando e perché ha conosciuto il padre di Noemi, Elio Letizia, e cancellare l'imbarazzante ma decisivo ricordo di Gino.

E' la quarta versione che, nel corso del tempo, ci viene proposta. Ricordiamo le precedenti. 1. "Era l'autista di Bettino Craxi" (Ansa, 29 aprile, l'agenzia di stampa rimuoverà poi la pagina dall'archivio in rete). 2. "Elio è un mio amico da tanti anni, con lui ho discusso delle candidature europee" (Porta a porta, 5 maggio). 3. "Conosco i genitori, punto e basta"
(France 2, 6 maggio).
<b>Le dieci nuove domande<br/>che rivolgiamo a Berlusconi</b>

Patrizia D'Addario


Anche la quarta ricostruzione di quell'amicizia viene cucinata in malo modo.

Berlusconi scarica su Elio Letizia l'onere del racconto. Elio Letizia liquida per intero lo sfondo politico dell'amicizia. Non azzarda a dire che è stato un militante socialista né conferma di aver discusso con il presidente del consiglio chi dovesse essere eletto a Strasburgo. Dice Letizia che la "vera conoscenza [con Silvio] ci fu nel 2001". Elio sa - racconta - che a Berlusconi piacciono "libri e cartoline antiche" e nelle sale dell'hotel Vesuvio di Napoli (maggio 2001) gli propone di regalargliene qualche esemplare. Nasce così un legame che diventa un'affettuosa amicizia quando Anna e Elio Letizia sono colpiti dalla sventura di perdere il figlio Yuri in un incidente stradale. Berlusconi si fa vivo con una "lettera accorata e toccante". Letizia decide di presentare la sua famiglia al presidente del consiglio nel "dicembre del 2001": "A metà dicembre io e mia moglie andammo a Roma per acquisti e, passando per il centro storico, pensai che fosse la volta buona per presentare a Berlusconi mia moglie e mia figlia" (il Mattino, 25 maggio). Dunque: il capo del governo "per la prima volta vide Anna e Noemi" nel dicembre del 2001 non in pubblico ma nella residenza privata del premier, a palazzo Grazioli, o a Palazzo Chigi. Noemi ha soltanto dieci anni.

Il ricordo di Elio Letizia non coincide con quello di Silvio Berlusconi. Nello stesso giorno, la memoria del capo del governo disegna un'altra scena decisamente differente da quella che ha in mente Elio Letizia. Quando Berlusconi ha incontrato per la prima volta Noemi? "La prima volta che ho visto questa ragazza è stato a una sfilata", risponde il premier (Corriere, 25 maggio). Quindi, in un luogo pubblico e non nei suoi appartamenti pubblici o privati. Non nel 2001, come dice Elio, ma più avanti nel tempo perché Noemi avrebbe avuto l'età adatta per "sfilare" (quattordici, quindici, sedici anni, 2005, 2006, 2007).

Le "bugie bianche" di Berlusconi (il Foglio, 25 maggio) non possono nascondere qualche sconcertante punto fermo. E' vero, il capo del governo "frequenta minorenni", come ha detto Veronica Lario e dimostrato Repubblica. Il presidente del consiglio non riesce con qualche attendibilità a dire come ha conosciuto i Letizia cosicché le parole di Gino Flaminio acquistano più credibilità e maggiore verosimiglianza.

Il quadro compromesso e degradato dell'accountability del capo del governo è confermato addirittura dal racconto di Noemi, mai smentito (e oggi è troppo tardi per farlo).

"[Berlusconi, "papi"] mi ha allevata (...) Lo adoro. Gli faccio compagnia. Lui mi chiama, mi dice che ha qualche momento libero e io lo raggiungo a Roma, a Milano. Resto ad ascoltarlo. Ed è questo che desidera da me. Poi, cantiamo assieme. (...) [Da grande vorrò fare] la showgirl. Mi interessa anche la politica. Sono pronta a cogliere qualunque opportunità. (...) Preferisco candidarmi alla Camera, al parlamento. Ci penserà papi Silvio" (Corriere del Mezzogiorno, 28 aprile).

Noemi conferma non solo l'abitudine di Berlusconi a frequentare minorenni, ma rafforza anche l'altra questione decisiva di questa storia: la pretesa di "far uso dei bei volti e dei bei corpi di persone che con la politica non hanno nulla a che fare". Manovra che denota "l'impoverimento della qualità democratica di un Paese" (farefuturo). Come - per fare solo tre nomi - Angela Sozio (Grande Fratello), Chiara Sgarbossa (miss Veneto), Cristina Ravot (cantante ammiratissima da Berlusconi che la voleva imporre al festival di Sanremo prima che al parlamento di Strasburgo), Noemi ritiene di poter ottenere da Berlusconi l'opportunità di fare spettacolo o, in alternativa, di essere eletta in parlamento. Televisione o seggio in parlamento, uguali sono.

Le aspettative di Noemi, sollecitate dalle promesse di Berlusconi, sono in linea con le riflessioni critiche della signora Lario ("Ciarpame senza pudore"). E' documentata, allora, anche la seconda accusa che colpiva il capo del governo: per lui il corpo delle donne è "un gingillo" utile per "proiettare una (falsa) immagine di freschezza e rinnovamento" politico. S'invera lo "scarso rispetto per le istituzioni e per la sovranità popolare" del leader del Popolo della Libertà (Fondazione farefuturo).

Di fronte a due punti fermi (è vero, frequenta minorenni; è vero, candida nelle assemblee elettive i "bei corpi" che gli sono stati vicini), incalzato da domande a cui non può rispondere, Berlusconi si corregge di nuovo per tirarsi fuori da una catastrofe politica e comunicativa, domestica e internazionale. A Palazzo Chigi, dunque in un luogo che più ufficiale non si può, dice: "Non ho detto niente" (Ansa, 27 maggio). Pretende che gli si creda. Lo abbiamo sentito dire, spiegare, ricordare in pubblico, in voce e in video - e sempre mentire. Ora, con quattro parole ("Non ho detto niente"), intende resettare la storia così come egli stesso ce l'ha raccontata. Esige che il potere delle sue parole sia, per noi, indiscusso. Comanda di dimenticare ciò che ricordiamo e ci impone di credere vero ciò che egli dice vero (e noi sappiamo bugiardo). "Non ho detto niente" dovrebbe ripulire dalla lavagna le sue menzogne. Gli interessa ora andare al sodo per salvare la faccia e - forse - un destino politico che vede compromesso (compromessa appare la sua ascesa al Quirinale). Vuole rispondere soltanto a una domanda: ha avuto "rapporti piccanti" con Noemi? Se la pone da solo. Risponde: "Assolutamente no, ho giurato sulla testa dei miei figli e sono consapevole che se fossi uno spergiuro mi dovrei dimettere, un minuto dopo averlo detto" (Radiocor, 28 maggio). Non chiarisce che cosa siano i "rapporti piccanti", per il lessico e la fantasia erotica di uomo come lui.

Sesso e politica. Politica e sesso. "Privato" che si fa "pubblico". "Pubblico" che deve subire gli abusi di potere di un privato. Di questo impasto ci parlano le pratiche del Cavaliere che rinviano con immediatezza al suo dispositivo di governo, e quindi alla cosa pubblica e non soltanto ai comportamenti privati di un uomo. Lo "scandalo" dell'affare è in queste relazioni scorrette compensate da promesse di incarichi pubblici, è nelle accertate menzogne che screditano chi governa e il Paese che da lui è governato. Di questo dovrebbe rispondere il premier in pubblico se davvero avesse compreso che accountability è l'esatto contrario di arbitrio e menzogna.

Il capo del governo vive un clima psichico alterato. E' la terza accusa della moglie: "[Silvio] non sta bene" (Repubblica, 3 maggio). La patologica sexual addiction di Berlusconi si sfoga in festicciole viziose. Anima "spettacolini" affollati da venti, trenta, quaranta ragazze: "farfalline" coccolate mentre il "sultano" indossa un accappatoio di un bianco accecante; "tartarughine" travestite da Babbo Natale; "bamboline" che mimano, in villa e tra i fiori, il matrimonio con "papi" (Repubblica, 12 giugno). Frequente la presenza di "squillo", "escort", "ragazze immagine" abituate a incontrare sceicchi sulle rive del Golfo Persico.

La scena, accennata esplicitamente da Veronica Lario, ancora sfumata nei contorni con Noemi, si definisce con nitore quando prende la parola Patrizia D'Addario, "escort di lusso", un modo per dire prostituta di caro prezzo. Il palcoscenico, anche acusticamente esplorato, è illuminato a giorno, ora. Si possono vedere con chiarezza i gesti, sentire le parole, ascoltare le voci anche nelle stanze più intime e protette (il bagno, la camera da letto) del palazzo presidenziale. Il linguaggio si fa esplicito, crudo. Come, senza sottintesi, sono le condotte, le logiche, gli esiti.
Patrizia è ingaggiata (2000 euro) da un amico del Cavaliere che ingrassa i suoi affari e la sua influenza pagando "squillo" da accompagnare alle feste del presidente a Roma, in Sardegna.

Patrizia varca, per la prima volta, la soglia di Palazzo Grazioli il 15 ottobre 2008.

Patrizia, "una volta entrata in una stanza affrescata all'interno della residenza del presidente del Consiglio, si trova davanti venti ragazze e il suo primo pensiero è: 'Ma questo è un harem!'". (Sunday Times, 21 giugno).

Patrizia osserva, curiosa: "Mentre la gran parte di noi, come ci era stato detto, indossava abiti neri corti e trucco leggero, due ragazze che stavano sempre vicine, avevano pantaloni lunghi (...) Erano due escort lesbiche che lavorano sempre in coppia" (Repubblica, 25 giugno).

Patrizia, quella sera, non resta a Palazzo. Ci ritornerà, il 4 novembre. "Sono tornata dopo un paio di settimane, esattamente la sera dell'elezione di Barack Obama" (Corriere, 17 giugno).

Patrizia registra quel che sente. Fotografa - appena può - quel che vede. Lo fa sempre, con tutti, da sempre. Questa volta, la seconda volta da Berlusconi, Patrizia rimane a Palazzo per una notte di sesso con il capo del governo. Il Cavaliere - dopo cena, visione dei film che lo mostrano accanto ai potenti della Terra, le solite canzoni e la ola - chiede alla donna di aspettarlo nel "letto grande" (Repubblica, 20 giugno).

"Berlusconi mi ha telefonato la sera stessa, appena sono arrivata a Bari. E qualche giorno dopo Gianpaolo mi ha invitata a tornare. Ma io ho rifiutato (...) Gianpaolo ha voluto il mio curriculum perché mi disse che volevano candidarmi alle Europee (...) Quando sono cominciate le polemiche sulle veline, il segretario di Gianpaolo mi ha chiamata per dirmi che non era più possibile (...) [mi è stata allora] proposta la lista "La Puglia prima di tutto" [per il rinnovo del consiglio comunale]. Io ho accettato subito" (Corriere, 17 giugno).

I ricordi di Patrizia sono confermati dalle due "ragazze-immagine" (qualsiasi cosa significhi l'eufemismo) che sono con lei: Lucia Rossini (Repubblica, 21 giugno) e Barbara Montereale. Che dice: "Sapevano tutti a quella cena che lei [Patrizia] era una escort. Presumo anche il presidente". (Repubblica, 20 giugno). Le due ragazze ridono, scherzano, si fotografano allegre nella toilette del presidente del consiglio, come padrone del campo.

Le parole, le testimonianze incrociate, le immagini, i documenti fonici non possono più confondere quel che abbiamo sotto gli occhi. Quel che la signora Lario chiama "malattia", l'effetto distruttivo di un narcisismo sgomento dinanzi alla vecchiaia, un'autostima che esige sempre, a ogni occasione l'ammirazione riservata alla giovinezza, alla celebrità, al fascino rendono vulnerabile e gravemente indifeso il capo del governo e l'autorevolezza del suo ufficio. C'è un fondo di onnipotenza nei suoi comportamenti, come se ogni azione gli fosse consentita. E' circondato da prosseneti che lucrano vantaggi personali cercandogli in angoli d'Italia ragazze sempre nuove, sempre più giovani, sempre più rapaci e spregiudicate, spesso sostenute nella loro cinica ambizione dalle famiglie, da mammà e papà. Vogliono un successo dove che sia, in tivvù o nella politica. Il premier può concederglielo con una telefonata, se vuole. Gli danno pressione. Lo pretendono. E' il quadro che ha già proposto Veronica Lario. "Ho cercato di aiutare mio marito, ho implorato coloro che gli stanno accanto di fare altrettanto, come si farebbe con una persona che non sta bene. È stato tutto inutile" (Repubblica, 3 maggio).

La difesa di Berlusconi, di fronte a questa rappresentazione di se stesso e della fenomenologia del suo potere, è violenta fino alla spietatezza contro i testimoni della sua vita; è prepotente contro l'informazione che non sceglie la taciturnità imposta al servizio pubblico radiotelevisivo e accettata - con l'eccezione del Tg3 - di buon grado. E tuttavia, quando affronta le circostanze che sono emerse, quella manovra è maldestra.

Nicolò Ghedini, avvocato del Cavaliere, nell'ansia di sfuggire al reato ora che una prostituta parla di tariffe, trattative e pagamenti, ammicca complice agli italiani che si sentono "puttanieri" irredimibili, anche se spesso soltanto fantasiosi, nella convinzione che quel peccato possa essere presto perdonato urbi et orbi. Il lemma che adopera (gli appare il più onesto e concreto) peggiora il clima e deteriora ancor più l'immagine del premier. "Ancorché fossero vere le indicazioni di questa ragazza [Patrizia], e vere non sono, il premier sarebbe, secondo la ricostruzione, l'utilizzatore finale e quindi mai penalmente punibile". (Affari Italiani, 17 giugno). Come se l'affare fosse legale e non politico. L'errore dell'avvocato convince Berlusconi a muovere in prima persona. Lo fa secondo le sue prassi consolidate. Dai fogli patinati di un settimanale di famiglia, nega quel che è accaduto. "Non c'è nulla nella mia vita privata di cui io mi debba scusare (...) Non ho [di Patrizia] alcun ricordo. Ne ignoravo il nome e non ne avevo in mente il viso. Non mi ero reso conto [che fosse una prostituta]" (Chi, 24 giugno). Tace che ancora il 27 gennaio, il suo amico di Bari chiama Patrizia per dirle (la telefonata è registrata): "[Il presidente] ti vuole vedere la prossima settimana a Roma" (Corriere, 21 giugno). Vedere lei, proprio lei: Patrizia, con quella faccia che ora non ricorda, con quel nome che ha dimenticato, forse ripensando soltanto al suo corpo.

Questa volta - direttamente e non attraverso i suoi giornali e attaché (lo ha fatto per Gino Flaminio) - scatena l'ordinaria menzogna distruttiva contro Patrizia D'Addario: "[Le è stato] dato un mandato molto preciso e benissimo retribuito" (Chi, 24 giugno). Dovrebbe offrire un riscontro anche labile della sua accusa anche perché ha avuto il tempo e ha le risorse per raccoglierlo. Non lo fa. Dovrebbe comprendere che la denunzia, anche se inventata, conferma la sua vulnerabilità. La mostra, la dimostra. Se c'è un ricattatore dietro le parole di Patrizia D'Addario, la responsabilità è soltanto di chi dissennatamente le ha aperto le porte di casa. Dice: "Può capitare di sbagliare ospiti" (Ansa, 25 giugno), ma il punto è proprio questo: quanti sono gli "ospiti sbagliati" che si sono seduti alla sua tavola? E che intenzioni hanno?

Il fatto è che il Cavaliere si tiene lontano da fatti che, per la loro solidità, possono fulminarlo. Preferisce scavare nella differenza tra sé e gli altri, tutti gli altri che soltanto ricordano quel che ha detto e giurato o le menzogne che ha sottoscritto con la sua faccia, i suoi discorsi. Non pare curarsene. Dice: "Io sono fatto così. E gli italiani così mi vogliono. Ho il 61 per cento. Io sono buono, generoso, leale, (attenzione) sincero, mantengo le promesse, sono un mattatore, un intrattenitore" (Ansa, 25 giugno).

Soltanto un malvagio può non amarlo. In fondo, la politica è questo per il capo del governo: la legittimità del suo potere lo autorizza - crede - a creare un'ostilità interna, un conflitto permanente tra chi è con lui e chi, perché lontano da lui o critico, deve essere considerato "estraneo", "nemico", "eversore". E' "odio e invidia" (Ansa, 24 giugno) chiedergli conto delle sue condotte pubbliche, del suo stato di salute, di una vita spericolata, delle contraddizioni radicali del suo agire: ha prostitute nel suo letto, ma legifera per punire chi frequenta le prostitute; invoca per sé la privacy ma vuole scrivere le norme della nostra privacy, dalla procreazione al "fine vita".

E' un "progetto eversivo" contro il suo governo e contro il Paese chiedergli di essere trasparente. "Le calunnie contro di me, le veline, le minorenni, Mills (è un testimone che ha corrotto salvandosi da una condanna), i voli di Stato (che utilizza per trasferire amiche, musici, ballerine) , hanno costituito una campagna di scandalo molto negativa all'estero per il nostro paese e credo sia un comportamento colpevole da chi l'ha pensato e organizzato, [credo che sia] un progetto eversivo perché la finalità è quella di costringere a far decadere un presidente del consiglio eletto dagli italiani (...). Se questa non è eversione, ditemi voi cos'è". (Adnkronos, 13 giugno).

La sola soluzione che intravede alla crisi che lo affligge è la riduzione al silenzio o la rovina economica della stampa che non racconta come vere le sue fiabe. "Bisognerebbe non avere dei media che tutti i giorni cantano la canzone del catastrofismo e credo che anche voi [imprenditori] dovreste operare di più in questa direzione. Per esempio: non date pubblicità a chi si comporta così" (Ansa, 15 giugno).

Il rosario di incoerenze, menzogne, abusi di potere di Silvio Berlusconi sollecita a rinnovargli alcune domande che possono essere conclusive:

1. Quando, signor presidente, ha avuto modo di conoscere Noemi Letizia? Quante volte ha avuto modo d'incontrarla e dove? Ha frequentato e frequenta altre minorenni?

2. Qual è la ragione che l'ha costretta a non dire la verità per due mesi fornendo quattro versioni diverse per la conoscenza di Noemi prima di fare due tardive ammissioni?

3. Non trova grave, per la democrazia italiana e per la sua leadership, che lei abbia ricompensato con candidature e promesse di responsabilità politiche le ragazze che la chiamano "papi"?

4. Lei si è intrattenuto con una prostituta la notte del 4 novembre 2008 e sono decine le "squillo" che, secondo le indagini della magistratura, sono state condotte nelle sue residenze. Sapeva che fossero prostitute? Se non lo sapeva, è in grado di assicurare che quegli incontri non l'abbiano reso vulnerabile, cioè ricattabile - come le registrazioni di Patrizia D'Addario e le foto di Barbara Montereale dimostrano?

5. E' capitato che "voli di Stato", senza la sua presenza a bordo, abbiano condotto nelle sue residenze le ospiti delle sue festicciole?

6. Può dirsi certo che le sue frequentazioni non abbiamo compromesso gli affari di Stato? Può rassicurare il Paese e i nostri alleati che nessuna donna, sua ospite, abbia oggi in mano armi di ricatto che ridimensionano la sua autonomia politica, interna e internazionale?

7. Le sue condotte sono in contraddizione con le sue politiche: lei oggi potrebbe ancora partecipare al Family Day o firmare una legge che punisce il cliente di una prostituta?

8. Lei ritiene di potersi ancora candidare alla presidenza della Repubblica? E, se lo esclude, ritiene che una persona che l'opinione comune considera inadatto al Quirinale, possa adempiere alla funzione di presidente del consiglio?

9. Lei ha parlato di un "progetto eversivo" che la minaccia. Può garantire di non aver usato né di voler usare intelligence e polizie contro testimoni, magistrati, giornalisti?

10. Alla luce di quanto è emerso in questi due mesi, quali sono, signor presidente, le sue condizioni di salute?
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25 giugno 2009 4 25 /06 /giugno /2009 23:42
Qual è la velocità del sogno? Non lo so.

Dove c'era memoria, oggi c'è oblio. Al posto della giustizia, elemosina. Al posto della patria, un mucchio di rottami. Invece della memoria, immediatezza. Invece della libertà, una tomba. Al posto della democrazia, uno spot pubblicitario. Invece della realtà, cifre.

Loro, quelli in alto, ci dicono: "Questo è il futuro che ti abbiamo promesso, goditelo." Questo ci dicono, e mentono. Questo futuro somiglia troppo al passato.

E, se guardiamo con attenzione, forse vediamo che loro, quelli in alto, sono gli stessi di ieri. Quelli che, come ieri, oggi ci chiedono pazienza, maturità, buonsenso, rassegnazione, resa. L'abbiamo già visto, l'abbiamo già sentito.

I poveri, i diseredati, cioè, l'immensa maggioranza dell'umanità, sono confiscati e relegati. Confiscati della loro dignità, relegati nelle periferie delle grandi città, ai margini dei programmi governativi, negli angoli del futuro che adesso si decide, in alcuni paesi, non nei parlamenti o nelle sedi nazionali di governo, bensì nelle riunioni degli azionisti delle multinazionali.

Oggi lo sfruttamento è più brutale come mai prima nella storia dell'umanità, oggi il cinismo è credo filosofico di chi vuole governare il pianeta, cioè, di chi possiede tutto, meno la vergogna.

Oggi la guerra contro l'umanità, cioè, contro la ragione, è più mondiale che mai. Oggi la guerra è su tutti i fronti ed in tutti i paesi. Se ieri era un dovere opporsi, lottare, resistere di fronte alla stupida logica del profitto, oggi è semplicemente e assolutamente, una questione di sopravvivenza individuale, locale, regionale, nazionale, continentale, mondiale.

La nostra lotta, cioè, il nostro sogno, non finisce. Nel nostro sogno, il mondo è un altro, ma non perché qualche "deus ex machina" ce lo regala, bensì perché lottiamo, nella permanente veglia della nostra veglia, perché in quel mondo sorga l'alba...

Subcomandante Insurgente Marcos

Dalle montagne del Sudest Messicano -
Messico, Settembre 2004
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25 giugno 2009 4 25 /06 /giugno /2009 23:03
Gossip da Novella 2000 o affare di Stato? Credere al Tg1 o alla stampa di tutto il mondo? In proposito avrei anch’io, come si usa, dieci interrogativi da proporre.

Primo. A quanto pare il premier trascorre parte ragguardevole del suo tempo coltivando un universo di giovani donne. Pensando a invitarle, a intrattenerle, a inseguirle per telefono, a disegnare e acquistare regali per loro, a raccomandarle. Avere un capo del governo che si dedica a questo invece di lavorare per il paese, e che anzi per loro diserta appuntamenti ufficiali in cui è già stato annunciato, è un fatto privato o un fatto pubblico?

Secondo. Il capo del governo ha trasformato una sede privata (palazzo Grazioli) nella nuova vera sede della presidenza del Consiglio. Alla luce di quello che abbiamo saputo, su questa scelta ha senz’altro giocato un ruolo importante la possibilità di sbarazzarsi degli accertamenti troppo rigorosi di Palazzo Chigi sugli ospiti in entrata e in uscita. Il fatto che la sede del governo cambi per meglio consentire il viavai incontrollato di una folta corte pittoresca e border-line è un fatto privato o un fatto pubblico?

Terzo.
Le molte giovani donne che hanno rapporti di amicizia, di tenerezza e di complicità con il capo del governo vengono ricompensate e talora risarcite con incarichi di rilievo nella politica, con candidature a ogni livello, dalle Europee alle Circoscrizionali, con posti nella pubblica amministrazione o enti vari. Il fatto che si sia affermato questo criterio di scelta per reclutare la classe dirigente è un fatto privato o un fatto pubblico?

Quarto. La normativa sulle intercettazioni telefoniche approvata dal Senato ha preso il via dalla pubblicazione di registrazioni che riguardavano le relazioni e i problemi del capo del governo con alcune giovani signore dello spettacolo, e dunque dalla preoccupazione del capo del governo di tutelare questa sua sfera di intimità. Vivere in un paese che per queste ragioni viene costretto ad abbassare la guardia contro la criminalità è un fatto privato o un fatto pubblico?

Quinto. Il capo del governo è visibilmente sotto ricatto. Chi ha fotografato, chi ha filmato, chi ha visto, chi ha sentito. Un numero sterminato di persone che deve essere zittito o acquietato (anche con posti e carriere). Ma può permettersi un paese di essere governato di chi è nella condizione di subire ricatti senza fine? Ed è questo è un fatto privato o un fatto pubblico?

Sesto. Da quel che ci è stato raccontato, donne sconosciute possono entrare nella dimora del presidente del Consiglio, fare foto e registrare. C’è una questione di vulnerabilità del governo. Chi evoca complotti ogni giorno non faticherà a capire che, una volta scoperta l’infallibile via d’ingresso, anche una potenza straniera ostile potrebbe avere accesso a informazioni privilegiate. È questo un fatto privato o un fatto pubblico?

Settimo. Imprenditori arricchiti in pochi anni sono in grado di stringere rapporti preferenziali con il capo di governo facendo «bella figura» con lui grazie alla raccolta e consegna a domicilio di donne giovani e piacenti a pagamento. Che effetti ha sul sistema degli appalti, sulle cordate in affari, sulle concessioni, un rapporto preferenziale di questo tipo? Ed è questo un fatto privato o un fatto pubblico?

Ottavo. Una ragazza senz’arte né parte, invitata a cena dal capo del governo, reclama di essere pagata perché «non lo faccio mica per la gloria». In qualunque paese un invito a cena dal capo del governo è motivo di orgoglio. Qui no, non più. Come se Cenerentola chiedesse di essere pagata dal Principe. Ma se il prestigio della carica cade tanto in basso, anche a causa dei comportamenti del capo del governo medesimo, è questo un fatto privato o un fatto pubblico?

Nono. I giornali di tutto il mondo scrivono ciò che le nostre tv tacciono. Il nostro governo è lo zimbello dell’Occidente. È questo un fatto privato o un fatto pubblico?

Decimo e ultimo interrogativo. Siccome la centralità politico-culturale dell’harem si è sviluppata di pari passo con lo svuotamento del Parlamento e l’imbavagliamento dell’informazione, si assiste a un surreale scivolamento istituzionale: dalla repubblica parlamentare verso il sultanato. È questo un fatto privato o un fatto pubblico?

P.S. Le stesse ossessioni del capo del governo segnalano qualche sua difficoltà ad essere, come dicevano i latini, «compos sui» (Veronica: mio marito non sta bene). L’equilibrio psichico di un capo di governo è un fatto privato o un fatto pubblico?
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25 giugno 2009 4 25 /06 /giugno /2009 09:53
Il crollo del muro di Berlino

Il vero simbolo della contrapposizione ideologica tra Democrazia e Comunismo può essere tranquillamente indicato nel Muro di Berlino. Eretto praticamente in una notte, aveva la presunzione di dividere in due oltre alla città di Berlino, anche uno stato e, quel che è peggio, un popolo. Sebbene sorto come misura estemporanea, extrema ratio del tentativo tedesco orientale di arginare il continuo esodo dei proprio cittadini verso l'occidente, esso aveva assunto anche caratteri strettamente politici. Il muro non rappresentava solo uno strumento pratico, ma anche ideologico per limitare l'avanzata del capitalismo. Superare quella costruzione voleva dire passare il confine tra due mondi completamente diversi e in contrapposizione tra loro. La difesa di quest'idea fu ottemperata con la massima diligenza dalla polizia di confine della DDR che lastricò di cadaver la terra di nessuno tra le due zone di Berlino.

Danza popolare di giubilo sul muro che divideva Berlino. Quella costruzione rappresentò per molti decenni il simbolo della separazione insanabile tra Capitalismo e Comunismo.

Ebbene, nella patria del simbolo della divisione europea, il 1989 sembrava trascorrere esattamente come erano passati tutti gli anni precedenti fin dalla costruzione del Muro. Il SED, il partito socialista unitario della Germania Democratica, aveva vinto le elezioni municipali in Maggio, ottenendo il 95% dei voti. Certo, alcuni gruppi di opposizione si erano formati, ma nulla che potesse impensierire il Sicherheitdienst, il servizio di sicurezza della Stasi, la temuta polizia segreta. I giornali segnalavano saltuariamente i problemi che in Ungheria e in Polonia si stavano creando, ma con un accento piuttosto pittoresco, come se si trattasse di avvenimenti di un altro mondo e, forse, era anche vero.


Il fatto che gli altri partiti comunisti europei, soprattutto quello bulgaro, cominciassero a trasformarsi in "Democratici", non sembrava intaccare per nulla il regime di Berlino Est. I riformatori all'interno del SED si potevano contare sulle dita di una mano e la sua posizione ufficiale si può ben comprendere se si legge la piena soddisfazione pronunciata pubblicamente dal Parlamento tedesco orientale per l'operato di Deng Xiao Ping durante i fatti di Tien An Men. La sicurezza ostentata dal governo di Berlino doveva però ben presto confrontarsi con le "vacanze" dei tedeschi orientali. Infatti, l'estate del 1989 sarebbe stata altrettanto sconvolgente di quella di due secoli prima nella Francia rivoluzionaria. Passare alcuni giorni sul Lago Balaton era diventata un'abitudine consolidata per tutti i cittadini della RDT e quando col sopraggiungere della bella stagione furono richiesti dei visti d'uscita per l'Ungheria in numero sempre maggiore, non si ebbe il sospetto che stesse accadendo qualcosa di diverso da quello che avveniva ogni estate. Il mese di Luglio si aprì con la prima carovana di finti gitanti che sulle loro piccole Trabant (le auto interamente autarchiche che si sarebbero ritagliate un posto nella storia come simbolo di questo esodo di massa) varcavano la frontiera ungherese, dirigendosi verso Budapest o direttamente alla frontiera austriaca. L'Ungheria aveva, infatti, da poco scelto di abbattere la cortina di ferro proprio in direzione di quest'altra nazione, dichiaratamente neutrale.


Coloro che si accingevano alla fuga erano in massima parte professionisti tecnici o operai specializzati con le loro famiglie. Tentavano la fortuna all'Ovest nella speranza che la loro specializzazione permettesse di trovare facilmente un nuovo lavoro. Anche le sedi diplomatiche della Germania Ovest di Berlino Est, Praga e Budapest furono prese d'assalto da centinaia di disperati in fuga. Straordinariamente, sul principio furono proprio le autorità della Germania Ovest a preoccuparsi maggiormente di quest'afflusso incontrollato di profughi. Temendo un deterioramento delle relazioni con la DDR, fu deciso di chiudere le ambasciate delle tre città sopra citate e di rafforzare il pattugliamento lungo la frontiera austriaca. Tutto ciò fu inutile, perché a metà del mese di Agosto, l'Ungheria, di fronte alla sempre maggiore precarietà delle condizioni di questi rifugiati, mantenne aperte le frontiere con l'Austria per diverse ore al giorno, consentendo il deflusso della popolazione verso Occidente.

Solo allora, Honecker, l'uomo forte del regime di Berlino Est, sembrò accorgersi che la sua nazione si stava dissanguando lentamente. Minacciando ritorsioni diplomatiche costrinse la Cecoslovacchia a chiudere le frontiere ai cittadini tedesco orientali, impedendo il transito verso l'Ungheria. Questa dura presa di posizione non fece altro che inasprire gli animi. La Chiesa Evangelica, che già più volte si era espressa in favore di riforme liberali, organizzò a Lipsia una serie di manifestazioni pacifiche che avrebbero dovuto essere solo delle processioni religiose, ma che ben presto diventarono delle vere dimostrazioni di rivolta. Ad aggravare la situazione giunse la decisione ungherese di non trattenere più sul proprio territorio i cittadini della DDR, consentendo il 10 settembre a 65.000 tedeschi orientali di partire per l'Austria e la Germania Occidentale. Da parte sua il governo di Bonn aveva assunto una posizione molto accondiscendente, arrivando a consegnare a tutti il passaporto della Repubblica Federale.


Come già in Polonia, così anche in Germania Orientale, il Partito Comunista (il SED non era altro che questo), aspettava con ansia un appoggio di Mosca per affrontare con maggiore sicurezza la situazione. Il 6 Ottobre arrivò a Berlino Est Gorbaciov in persona, ma contrariamente alle aspettative, il suo viaggio non fece altro che confermare i timori che all'interno del SED si era già diffusi: l'URSS non avrebbe appoggiato la DDR, lasciando libertà di manovra al suo governo. Anzi, Gorbaciov sottolineò come fosse pericoloso non venire incontro alle legittime aspettative della popolazione. Honecker si dichiarò disgustato da questa visione disfattista e arrendevole al capitalismo. Credendo di avere ancora in pugno le forze armate, organizzò la repressione della manifestazione di Lipsia del 9 ottobre che avrebbe visto la partecipazione di 70.000 persone. Ma già da diverso tempo il SED aveva scelto il suo successore in Egon Krenz, Segretario del Comitato centrale delle forze di sicurezza che annullò di propria iniziativa l'ordine, prendendo il potere con il placet dei vertici del partito. Nel dibattito pubblico che seguì questi fatti si arrivò a ipotizzare un nuovo progetto politico denominato "Die Wende", la svolta, che avrebbe dovuto portare la Germania Orientale verso una forma di governo più equa, una specie di via di mezzo tra la Repubblica Popolare e la Democrazia.

Nonostante questa impostazione avesse dei pregi di fondo, ebbe due innegabili difetti che ne minarono l'esistenza. Per prima cosa fu applicata in pratica in modo caotico, confondendo la popolazione, e secondariamente giungeva troppo tardi per arrestare la voglia di libertà che serpeggiava tra coloro che ancora erano rimasti a Est. Neppure la concessione della libertà di viaggiare liberamente per un mese all'anno servì a qualcosa. Il 31 Ottobre Gorbaciov era nuovamente nella DDR per un vertice con Krenz che non portò a nessun cambiamento. Il 4 Novembre si ebbe la più grande manifestazione di piazza a Berlino Est con un milione di persone che reclamavano libere elezioni. I tempi erano maturi affinché sorgessero delle formazioni politiche indipendenti che non tardarono a manifestarsi con nomi come "Nuovo Forum" che ebbe aumenti di iscrizioni nell'ordine del 1000% in un solo mese.


Il 9 Novembre si ebbe il punto di svolta. I Berlinesi, Occidentali e Orientali, si radunarono su entrambi i lati del muro, in una massa la cui consistenza non fu mai calcolata con precisione attendibile, ma che sicuramente superava di diverse volte la cifra raggiunta il 4 Novembre. Le autorità della DDR, spaventate da quell'assembramento enorme che sembrava presagire una sollevazione popolare, anziché reagire con la forza, decisero di consentire il passaggio attraverso il muro, senza consultare l'URSS. Il passo definitivo era stato fatto e non si poteva più tornare indietro. Delle centinaia di migliaia di persone che passarono attraverso la Porta di Brandeburgo quella sera, approfittando dell'offerta di 100 marchi della Germania Occidentale, moltissimi rientrarono già la mattina seguente, portando però con sé la consapevolezza che un'era si era conclusa.

Difatti, una realtà che era stata trascurata da Krenz e da tutto l'apparato del SED era che la Germania Orientale era l'unico stato dedito al socialismo reale che non esisteva prima di adottare quella forma di governo. La Repubblica Democratica Tedesca aveva una possibilità di esistere solo come stato comunista. Scomparsa l'ideologia era impossibile tenere separato un popolo che parlava la stessa lingua e che aveva una storia comune millenaria. Fu il nuovo Primo Ministro della DDR, Hans Modrow, a capirlo per primo, offrendo a uno sbigottito Kohl un piano economico per una "comunità contrattuale", preludio per un'integrazione politica. La visita di Kohl a Dresda nel Dicembre 1989 fu accolta da centinaia di migliaia di persone che sventolavano la bandiera della Repubblica Federale. Le fondamenta per la riunificazione della Germania era ormai state poste.


 

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25 giugno 2009 4 25 /06 /giugno /2009 08:54


Il presidente del Consiglio dice: "Quella donna? Ne ignoravo il nome e non ne avevo in mente il viso".

"Se avessi voglia di scherzare, direi che non ricorda perché girano troppe ragazze che mi somigliano tra Palazzo Grazioli e, a leggere i giornali, Villa Certosa. Invece io la faccia di quell'uomo me la ricordo bene. L'ho avuta troppo vicina per dimenticarne i dettagli. Ma non ho voglia di scherzare. Mi stanno massacrando".

Lei stessa ha detto di essere una escort.
"Avrei potuto continuare a fare quella vita senza svelarmi e prendermi le buste del presidente con 10 mila euro. Io, invece, quando ho capito di essere stata ingannata, ho deciso di ribellarmi. Io sono l'unica che ha il coraggio di dire il mestiere che fa. Le altre tacciono, frequentano Papi, incassano le buste, fanno carriera e chiedono rispetto".

Partiamo dall'inizio. Lei ha detto che a presentarla a Gianpaolo Tarantini è stato un amico comune, tale "Max". E' Massimiliano Verdoscia?
"Non lo so. Io lo conoscevo come Max".

Può chiarire quanti soldi ha avuto in totale per i due incontri a Palazzo Grazioli?
"Mille euro. Li ho avuti solo la prima volta per partecipare alla cena a Palazzo Grazioli. La seconda volta, quando sono rimasta tutta la notte, non ho avuto nulla. Se non la promessa che sarei stata aiutata a costruire finalmente quel residence per il quale ho le carte in regola e ho pagato già per ben quattro volte gli oneri di edificabilità".

Andiamo alla prima volta a palazzo Grazioli. Metà ottobre 2008.
"Io, a differenza di Silvio Berlusconi, ricordo ogni dettaglio. Quando arrivai saranno state le 22. Presi l'ascensore. Attraversai un lungo corridoio che si apriva in un salone dove trovai già molte ragazze. Altre arrivarono dopo. In totale saremo state una ventina".

Ne conosceva qualcuna?
"Alcune ricordavano dei volti televisivi. In realtà, mi colpì un altro particolare".

Quale?
"Mentre la gran parte di noi, come ci era stato detto, indossava abiti neri corti - il mio era di Versace - e trucco leggero, due ragazze che stavano sempre vicine, avevano pantaloni lunghi. Ho saputo, ascoltando quello che dicevano in pubblico, che erano due escort lesbiche che lavoravano sempre in coppia".

C'erano ragazze minorenni?
"Non mi misi a chiedere le età".

C'erano ragazze straniere?
"Mi sembrarono tutte italiane. E tutte mostravano, a differenza mia, una grande familiarità con la casa e il presidente. Lo chiamavano tutte Papi".

Lei non lo chiamava Papi?
"Io lo chiamavo Silvio. Mi disse di getto: "Come sei carina". Aveva una camicia nera. Quando si sedette notai i tacchi delle scarpe. Volle che mi sedessi accanto a lui nel salone con divani, dove proiettarono un lunghissimo video. Si vedevano i suoi incontri con i leader internazionali, i comizi, una folla che cantava "Meno male che Silvio c'è". Tutte le ragazze, a quel punto, fecero la "ola"".

E lei?
"Ero distratta da un barboncino bianco che leccava i miei piedi e quelli del presidente. Lui lo chiamava Frufrù e mi disse che glielo aveva regalato la moglie di Bush".

Quanto durò il video celebrativo?
"Fu lunghissimo. Il Presidente si alzava per chiedere champagne e focaccine. Poi, finalmente andammo in sala da pranzo. Un tavolo lunghissimo su cui volteggiavano tantissime farfalle. Di tulle, carta velina e altro materiale. Di vari colori. Farfalle ovunque, attaccate ai centro tavola e ai candelabri. Ho fatto indigestione di farfalle. La cena andò avanti fino all'alba. Ma non una cena da gourmet. Bresaola con sottaceti. Tagliatelle ai funghi. Cotolette con le patate. Torta di yogurt, che poi fu la cosa che mi piacque di più. Ne presi tre porzioni. Era morbida, come quelle della nonna".

Una cena così non può finire all'alba.
"Ci si interrompeva continuamente. Per canti, balli, barzellette. Berlusconi usò anche una storiella per parlare di me. Mi fissava e diceva. "Conosco una ragazza che non crede più agli uomini. La farò ricredere. La andrò a prendere con il mio jet privato". Poi, con il Presidente ballai. Un lento suonato dal pianista della casa. Era "My way". Ballammo molto vicini. Non si ricorda il mio volto?".

Quando lei andò via, qualcuna delle ragazze rimase?
"Non posso rispondere. Posso solo dire che era quasi mattina".

Il presidente dice: "Mi è stato insegnato a non andare a dormire se c'è anche un solo documento di cui occuparsi sulla scrivania". Lei ricorda se il presidente si è assentato per esaminare qualche dossier? Per rispondere a qualche telefonata?
"Il presidente ci parlava di molte cose del suo lavoro. Ma si è alzato soltanto per prendere i regalini. Ci teneva a distribuirli lui. Noi aprivamo e c'era l'obbligo di indossarli. Le solite farfalline, tartarughine, bracciali, collanine, anelli".

Che sensazione le rimase di quella sera?
"Un harem. Anzi. Gli harem sono una cosa seria che io conosco bene. Perché sono stata tre volte a Dubai. Gli sceicchi, a modo loro, rispettano le loro mogli. Se ne circondano, le precedono, ma le mostrano con orgoglio. Quello che vidi, invece, non mi piaceva. Esisteva solo lo sceicco: lui".

Ha mai sentito parlare di Noemi Letizia?
"Dopo la nota vicenda, sì. Ma non posso entrare nei dettagli. In generale, ripensando a quella storia, posso solo dire che non ho parole".

Lei tornò a palazzo Grazioli la sera del 4 novembre. Tarantini disse "lui vuole te".
"Evidentemente si ricordava di me".

E' la sera in cui resta l'intera notte. La notte dell'elezione di Obama, durante la quale, inutilmente si cerca di tirare fuori dalla stanza il presidente. Almeno fino alla colazione.
"Su quella notte non posso dire".

Ma è vero che lui la invitò a rimanere per la colazione?
"Sì. Non in sala da pranzo. Fu una cosa più intima".

La accusano di aver ordito un complotto a pagamento. La definiscono una "ricattatrice".
"E' ridicolo. In questa storia non ho mai preso un soldo da nessuno. Ho deciso di parlare il 31 maggio. Quando capii di essere stata ingannata. Che nessuno mi avrebbe aiutato nel mio progetto di vita: la costruzione del residence. Il premier era a Bari. Mi riconobbe e mi salutò. Poi, mi fece bloccare dalla scorta, nonostante fossi una delle sue candidate. Per altro, riconobbi chi mi fermò. Uno degli uomini della scorta che avevo visto a palazzo Grazioli fare altre cose".

Cosa?
"Guardarmi la sera del 4 novembre mentre il presidente, seduto su divano, mi accarezzava esplicitamente".

Quindi decise quel giorno?
"Fu l'ultima goccia. Parlai subito con un fotoreporter di Oggi. Ma c'era già stato dell'altro".

Il furto nel suo appartamento?
"Stranissimo furto. Avvenne in maggio. Pochi giorni dopo che avevo confidato a un amico che ero in possesso delle registrazioni dei miei incontri con il presidente".

L'amico era Gianpaolo Tarantini?
"No. E non ne posso fare il nome".

Cosa rubarono?
"Computer, cd musicali, tutta la biancheria intima, i miei vestiti di Versace, compreso quello che avevo indossato a Roma. Mi spaventai e cominciai a capire".

Per questo motivo cercò un avvocato?
"Cercai un avvocato per l'intervista che volevo fare con Oggi. Poi non se ne fece nulla e il mio avvocato rimase accanto a me quando, con mia grande sorpresa, l'8 giugno venni convocata come testimone dal pm".

L'inchiesta ha accertato festini organizzati in cinque residenze con esponenti politici locali.
"Non ho mai partecipato".

Ha frequentato il vicepresidente della Regione, il Pd Sandro Frisullo?
"Non so chi sia".
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24 giugno 2009 3 24 /06 /giugno /2009 22:04

[Sueddeutsche Zeitung]

Molta grossolanità, sì, ma cosa ci sarebbe di così scandaloso nelle immagini della residenza estiva di Berlusconi? Servono solo a distrarre.

Cosa ci sarebbe di così scandaloso nelle immagini della residenza estiva di Berlusconi in Sardegna? Nessuno che abbia avuto l’occasione di osservare questo uomo d’affari e personaggio politico, anche solo da lontano, può avere dubbi sul fatto che, nel tempo libero, ami trattarsi bene anche dal punto di vista erotico.

Che anche il suo gusto non abbia nulla di speciale è sempre emerso piuttosto chiaramente da tutti gli aspetti della sua vita. Disinvoltura, apprezzamento per le battute esplicite, la costante infrazione delle regole della decenza borghese, una certa sguaiata grossolanità: tutto questo non è mancato a Berlusconi nel corso degli anni.

Tutto questo è sempre stato connaturato alla natura del suo comportamento pubblico, che è costituito da senso pratico e desublimazione caratteriale - Berlusconi è l’incarnazione stessa della demagogia, senza il benché minimo timore di una volgare invadenza, tanto che, ad ogni piè sospinto, ripete la tiritera: “non vi impicciate degli affari miei”.

A chi ha tutti i soldi del mondo, il mondo non costa nulla - questo è il suo motto. Il contrasto rispetto alla precedente casta di politici della Repubblica italiana - spenti nel vestire, rigidi nell’aspetto, abbottonati nel parlare - era ed è intenzionale.

Questa desublimazione si è sempre espressa in ben altri aspetti oltre a quello erotico, anzi: questo è l’aspetto meno interessante, nella sua rozza volgarità. Più ricche di conseguenze politiche sono state la sua personale sete di vendetta e la pretesa ostentata di non separare gli interessi privati da quelli pubblici.

Nel paese che ha scoperto la ragion di stato come concetto e come codice comportamentale, la figura di Berlusconi rappresenta una notevole regressione culturale. Di contro, si rileva la vasta attitudine morale e la raffinata forza distintiva che sono tipici del machiavellismo; nel Nord Europa si è abituati da secoli a guardare al machiavellismo come alla quintessenza dell’immoralità.

La vergogna dell’Italia

Il trattato di Machiavelli “Il Principe” fu scritto per una generazione di potenti abituati all’idea che per loro non esistessero voglie che non potessero essere soddisfatte - così il sobrio prosatore fiorentino intendeva l’obiezione del classicismo in contrapposizione al manierismo dominante nelle sfrenate corti italiane. La morale di Machiavelli consisteva nel limitare l’immoralità alle sole esigenze dettate dalla ragion di stato.

Alla fine del ventesimo secolo questa opposizione è riemersa sotto forma di una volgare farsa: dopo che Giulio Andreotti ha governato secondo il motto “comandare è meglio che fottere” [in italiano nel testo] e “il potere logora chi non ce l’ha”, il suo successore Berlusconi minaccia di ribaltare l’ordine gerarchico: il potere dovrebbe servire soprattutto ad assicurare quella ricchezza esagerata che garantisce, non da ultimo, di fottere indisturbati. La politica di Berlusconi non ha mai lasciato intendere di avere altri obiettivi diversi da quello di assicurare al suo impero economico le condizioni necessarie per prosperare.

La vergogna dell’Italia di oggi consiste nel fatto che a questo non politico è stato legalmente concesso di salire al potere per tre volte. Che in questo modo la più antica nazione culturale dell’Europa dopo l’antichità si presenti al mondo sempre in modo ridicolo, fa parte dei danni collaterali trascurati di un sistema che da lungo tempo vive una crisi costituzionale.

Davanti alle immagini di ragazze in bikini invece si possono solo scrollare le spalle. I signori del mondo ellenistico e romano facevano scolpire la loro testa e la facevano posizionare su corpi atletici nudi con tutte le cerimonie, e Luigi XIV sbrigava in presenza dei suoi nobili di palazzo un grande compito: “Maestà Cacatoria” lo chiamò Carlo Emilio Gadda, lo scrittore italiano per il quale il trattato di Sigmund Freud “Carattere ed erotismo anale” fu strutturalmente formante.

Luigi XV si fece portare per anni, ogni giorno, una giovane vergine da violentare - quanto piacevole potesse essere questa usanza per le figlie di Francia, lo suggerisce il fatto che i camerieri di Luigi si allontanarono dal suo letto di morte perché non potevano più sopportare la puzza del monarca che non si lavava. Pare che anche Mao Tse Tung provasse un particolare piacere nel tediare le sue partner sessuali con una scarsa igiene.

Punta troppo in alto chi cita il modo di dire francese così amato da Hegel e Goethe, che dice che nessuno è eroe per il suo cameriere privato, perché il cameriere privato è giornalmente a contatto con i bisogni corporali e le basse pulsioni dell’eroe.

Ci si deve anche chiedere se potenti altamente sublimati come Federico il Grande o Hitler siano veramente da preferire: Federico faceva ben attenzione che nelle sue vicinanze non ci fosse umana felicità - evitò con cura i matrimoni d’amore e, per quanto riguarda Hitler, si ha l’impressione che se si fosse dedicato maggiormente ai piaceri della carne avrebbe forse avuto un carattere più leggero.

Ma in una costituzione borghese tutto questo non dovrebbe aver più alcun ruolo. La separazione della figura dell’uomo di stato dalla sua persona, affermatasi con la Rivoluzione Francese, è stata un importantissimo passo avanti di civilizzazione. Che ora, a causa dei media basati sulle immagini e sulle riprese con il teleobiettivo - fino agli ingrandimenti delle mani nervose durante i talkshow -, tutto questo ritorni, è un problema grave, anche se appena visibile, per la scelta del personale dirigente adatto ad una democrazia. I seguaci di Berlusconi rimandano semplicemente questo problema di fondo.

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24 giugno 2009 3 24 /06 /giugno /2009 13:31

Voglio raccontarvi di quanto Neda volesse vivere a lungo, in pace e in eguaglianza di diritti... Di quanto fosse orgogliosa di dire a tutti, a testa alta, «Io sono iraniana»... Messaggio della sorella di Neda

«...Io sono qui, viva, e a essere uccisa è stata mia sorella. Sono qui a piangere mia sorella morta tra le braccia di mio padre. Io sono qui per raccontarvi quanti sogni coltivava mia sorella... Io sono qui per raccontarvi quanto fosse una persona dignitosa e bella, mia sorella...Sono qui per raccontarvi come mi piaceva guardarla quando il vento le agitava i capelli... Quanto volesse vivere a lungo, in pace e in eguaglianza di diritti.... Di quanto fosse orgogliosa di dire a tutti, a testa alta, "Io sono iraniana"... Di quanto fosse felice quando sognava di avere un giorno un marito con capelli spettinati, di avere una figlia e di poterle fare la treccia ai capelli e cantarle una ninna-nanna mentre dormiva nella culla. Mia sorella è morta per colpa di chi non conosceva la vita, mia sorella è morta per un'ingiustizia senza fine, mia sorella è morta perchè amava troppo la vita...Chiunque leggerà questa mia lettera, per favore, accenda una candela nera con un piccolo nastro verde alla base e ricordi Neda e tutti i Martiri di queste giornate, ma quando la candela si sarà spenta non dimenticatevi di noi, non lasciateci soli..».




--ATTENZIONE! IL VIDEO PRESENTA DELLE IMMAGINI MOLTO FORTI.-- Diffuso su Internet il video crudo e incredibilmente drammatico mostra Neda, che muore in un lago di sangue colpita al petto durante una delle manifestazioni di Teheran contro il regime di Ahmadinejad.  


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24 giugno 2009 3 24 /06 /giugno /2009 10:47
 
 
 
 
 
 
 
 

usi e scostumi

(…) Questa mattina il presidente della Rai Paolo Garimberti aveva convocato il direttore: in un colloquio durato 20 minuti aveva ricordato a Minzolini che “completezza e trasparenza dell’informazione sono un dovere imprescindibile del servizio pubblico radiotelevisivo”. Ma nell’edizione delle 13.30 del primo telegiornale delle reti pubbliche, l’inchiesta che domina le prime pagine della stampa nazionale e internazionale non era comparsa nei titoli.  (…) Minzolini ha affidato il servizio a un inviato di primo piano, Pino Scaccia. Per poi comparire in video e giustifcare le sue scelte.  (…)  “Incredibile. Augusto Minzolini è l’unico direttore di giornale e di telegiornale del mondo occidentale - dice Paolo Gentiloni (Pd) - a considerare ‘non notizie’ le notizie che da settimane coinvolgono il presidente del Consiglio Berlusconi”. “Si resta allibiti - conclude - del fatto che questa sua teoria Minzolini l’abbia voluta esporre di fronte a milioni di telespettatori. Al Tg1 e in Rai non si era mai vista una cosa del genere”.

Da www.LaRepubblica.it del 26.06.09

 
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23 giugno 2009 2 23 /06 /giugno /2009 12:02


Per andare in paradiso bisogna passare dall'inferno. È la morale, forse autobiografica, di Filth and Wisdom - Sporcizia e saggezza, debutto registico di Madonna. Una delle icone dello spettacolo di questi anni ha esordito con un'opera curiosa, ironica e molto europea. Protagonista Eugene Hutz, leader dei gipsy punk Gogol Bordello e già interprete di Ogni cosa è illuminata come guida ucraina di Elijah Wood. Il musicista è il trait d'union tra varie storie: uno scrittore cieco che ha rinunciato alle parole (Richard E. Grant), una farmacista che sogna di fare la volontaria in Africa, il farmacista indiano con la moglie invadente e una ballerina classica senza soldi che deve ripiegare a eseguire goffamente la lap dance in un locale notturno.
Una pellicola eccentrica, indefinibile, che contiene commedia, musical, video-clip, danza, sperimentazione e dramma e che in origine doveva essere un cortometraggio. Madonna è molto ironica su tutti (gli inglesi ci fanno una magra figura) e anche su se stessa: "non sei abbastanza intelligente per essere una brunetta" si sente dire una bionda che si vuole scurire i capelli. Un'opera prima interessante, fresca e per nulla supponente. Dal punto di vista registico e visivo forse un po' debole, ma sorprendente. Sarà curioso se - come pare - Louise Veronica Ciccone vorrà fare un altro film: per replicare un'operazione Filth and Wisdom dovrà mostrare un talento cinematografico vero. Qui la libertà produttiva le ha permesso di fare un lavoro autoriale e pop zeppo di riferimenti: c'è persino Britney Spears nella colonna sonora.



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23 giugno 2009 2 23 /06 /giugno /2009 08:41

governo 1La squallida telenovella, fatta di veline, amanti, attricette e tutto il mondo che ruota intorno a Silvio Berlusconi, non mi ha mai appassionato. Nè penso che, intorno a queste vicende, la sinistra, il Pd, possa pensare di costruire il suo riscatto elettorale, o peggio, bypassare le sue difficoltà interne e di radicamento sociale e politico nella società italiana. Sono stato tra quelli che hanno accolto con un certo distacco, l’affondo della signora Veronica Lario nei confronti dell’ingombrante consorte. Anzi, sono stato tra coloro che hanno pensato si trattasse di rappresaglie tra coniugi miliardari per problemi ereditari. Allo stesso modo, non ho trovato scandaloso, nè mi sono scomposto più di tanto, rispetto alla campagna lanciata dal quotidiano La Repubblica, nell’insistere sulla vicenda del compleanno di Casoria. E onestamente, trovo stucchevoli e vergognosi, i lamenti dei “grilli parlanti”, acefali difensori del cavaliere, quando gridano allo sciacallaggio sulle violazioni della “vita privata” del conducator di Arcore. Nulla ho sentito, da parte di questi monumenti della coerenza, quando il Giornale del presidente del consiglio, sotto la direzione del fido scudiero Maurizio Belpietro, ha sbattuto in prima pagina Sircana, consigliere dell’allora presidente Romano Prodi, beccato mentre si intratteneva a parlare con alcuni trans. L’onestà intellettuale, evidentemente, non è una virtù di lor signori.

Oggi però, siamo di fronte ad un fatto nuovo, venuto fuori dall’inchiesta di Repubblica e cioè che un giovane di Napoli ex fidanzato della “Lolita” di Casoria afferma che il presidente del consiglio, in occasione del capodanno, abbia riempito il suo aereo privato di 30-40 17enni, compresa Noemi e se le sia portate nella sua villa in Sardegna. Questa versione della storia, confermerebbe la parte più inquietante, delle dichiarazioni della signora Veronica Lario e cioè che, il cavaliere frequenti minorenni e che per questo abbia una personalità disturbata. A questo punto, la storia prende un’altra piega, non siamo più di fronte ad un puro esercizio di gossip, chi continua a sostenere questo, o è un ingenuo, o fa finta di non capire, peggio è palesemente in malafede. Quando a farlo sono autorevoli giornalisti, la questione diventa pesantemente vergognosa! Tutto questo, non può essere liquidato con le solite frasi del tipo “bisogna occuparsi di politica”, oppure, “la gente non è interessata a queste cose”, “la sinistra non può basare la sua opposizione su questi argomenti” e via dicendo. Queste osservazioni, infatti, per quanto legittime, non c’entrano proprio nulla con il nocciolo della questione.

Qual è allora il nocciolo della questione? Il nocciolo della questione, piaccia, o non piaccia è stato posto dalla signora Lario e riguarda lo stato dell’equilibrio psico-fisico del capo del governo. La salute mentale di un presidente del consiglio, non può essere liquidata come, un mero problema di gossip, specie se a tirare fuori questo interrogativo è la legittima consorte. Nè possiamo liquidarla con le volgarità fotografiche del direttore di Libero, Vittorio Feltri. Lo stato psico-fisico del capo del governo è un problema che riguarda lo Stato e la sua tenuta, la sua credibilità internazionale, la sua autorevolezza istituzionale, essa è un problema morale e istituzionale nello stesso tempo. Il premier controlla i gangli vitali e delicati del paese, dai servizi segreti, alle più delicate vicende internazionali, funzioni proprie di una grande potenza occidentale. Di fronte a così tante gigantesche responsabilità, dovrebbero tremare i polsi a coloro che hanno a cuore le sorti del nostro paese. A pensare che, il capo del governo possa essere distratto, o peggio abbandonarsi a festini con giovani donne minorenni, alla luce delle sue delicate responsabilità, non dovrebbe far dormire sonni tranquilli, nè a le maggiori cariche istituzionali del paese, nè alla cittadinanza consapevole e illuminata, dai giornalisti, ai grandi rappresentanti della cultura e dell’imprenditoria italiana. Mi dispiace per gli amici che sostengono il contrario ma, questa, a mio avviso, è una questione che va oltre la polemica politica, oltre il ragionamento sterile sulle supposte o meno capacità del Pd, di essere alternativo alla destra, oltre gli interessi elettorali dell’uno o dell’altro schieramento, questa è una vicenda che, investe la tenuta dello stato italiano, in sostanza riguarda gli interessi stessi della nazione. Allora che fare? La responsabilità di andare fino in fondo, tocca alla stampa. I media hanno il dovere di ricercare la verità e informare la cittadinanza, attraverso un serio giornalismo d’inchiesta che vada fino in fondo, un dovere nei confronti della nazione e del mondo intero, se i dubbi sollevati dalla signora Lario sulla salute mentale del premier fossero in qualche modo confermati, allora il premier dovrà trarne le dovute conseguenze, se invece dovesse venire fuori una verità diversa, allora di fronte al paese, la stessa stampa, dovrà rendere merito al presidente per le sue virtù e chiedere scusa per l’eventuale campagna di diffamazione. Questa a mio avviso, è l’unica strada da percorrere. Questo lavoro, non potranno effettuarlo nè i lacchè a pagamento di Berlusconi, nè i “grilli parlanti” di destra o di sinistra che siano, ma esclusivamente la stampa libera e indipendente del paese, se ancora esiste!

Pasquale Motta

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